Alfa Romeo Giulia Quadrifoglio: a Monza per i 90 anni dal primo mondiale Alfa Romeo
Sep04

Alfa Romeo Giulia Quadrifoglio: a Monza per i 90 anni dal primo mondiale Alfa Romeo

Quando si pensa ad Alfa Romeo, tra le grandi imprese si tende a ricordare i primi due indimenticabili campionati mondiali di Formula 1 vinti dalla casa milanese, senza veri rivali. In pochi forse sanno però che Alfa Romeo ha vinto 5 mondiali. Il 6 settembre del 1925 infatti, presso l’Autodromo Nazionale di Monza, si disputò il “Gran Premio d’Italia” che decretò il vincitore del “Campionato del Mondo Automobilistico”. In questa occasione, Alfa Romeo partecipò con la “P2”, la prima vettura Alfa Romeo da competizione progettata da Vittorio Jano. Delle 15 vetture in gara, solo otto tagliarono il traguardo dopo ben 80 giri della pista lunga 10 km. L’Alfa Romeo “P2” vinse il Gran Premio condotta da Gastone Brilli-Peri, con il tempo record di 5 ore, 14 minuti e 33 secondi ad una velocità media di oltre 152 km/h, conquistando così il primo mondiale Alfa Romeo. Al secondo posto, a circa 3 secondi, arrivò la seconda Alfa Romeo “P2” del compagno di squadra, Giuseppe Campari. Iniziò così la leggenda sportiva dell’Alfa Romeo che conquistò il primo dei suoi cinque Campionati del Mondo. Proprio per questo importante traguardo, il logo Alfa Romeo venne circondato dalla corona d’alloro, a ricordare la vittoria del mondiale. Gamma esposta al GP di Monza 2015 Per celebrare l’anniversario, Alfa Romeo ritorna nel leggendario “tempio della valocità” in occasione del Gran Premio d’Italia di Formula 1 2015, che si svolgerà proprio il 6 settembre. In prossimità dell’ingresso all’autodromo sarà allestita un’area espositiva dove gli appassionati potranno ammirare da vicino le ultime novità della gamma Alfa Romeo, come la 4C Spider, la MiTo Racer, la Giulietta Sprint Speciale (che debutterà a breve) e la nuovissima Alfa Romeo Giulia Quadrifoglio che porta al debutto il potente 3.0 turbo benzina 6 cilindri da 510 CV. Insieme ad uno speciale visore per la realtà virtuale per salire a bordo dell’Alfa Romeo 4C,  il marchio ha scelto di esporre cinque pannelli fotografici che ritraggono altrettante vittorie dell’Alfa Romeo sul circuito monzese: Gastone Brilli Peri su “P2” (6 settembre 1925), Giuseppe “Nino” Farina su Alfetta 158 (3 settembre 1950), Andrea de Adamich e Alessandro Arcioni su Giulia TI Super (19 marzo 1965), Andrea de Adamich e Teodoro Zeccoli su Giulia GTA (20 marzo 1966) e Arturo Merzario e Jacques Laffite su 33 TT 12 (20 aprile 1975). Infine, coloro che ordineranno una Giulietta sullo stand avranno diritto a un bonus di 500 euro per l’acquisto di ulteriori optional. L’Alfa Romeo e le vittorie a Monza Con l’avvento della Formula 1, a bordo della monoposto 158 (la celebre “Alfetta”) Giuseppe “Nino” Farina vince il Gran Premio d’Italia del 1950, mentre nel 1963 la “Giulia TZ”, vincendo...

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Alfa Romeo MiTo e Giulietta: la presentazione delle Quadrifoglio Verde a Balocco
Jun10

Alfa Romeo MiTo e Giulietta: la presentazione delle Quadrifoglio Verde a Balocco

In occasione del lancio della MiTo e della Giulietta Quadrifoglio Verde, Alfa Romeo ha svelato queste due nuove vetture sportive con una presentazione che ripercorreva la storia delle vittorie Alfa Romeo e della nascita del Quadrifoglio Verde. Nel suggestivo teatro creato sulla pista di Balocco che abbraccia un tratto della pista, sono state presentate le ultime sportive del biscione. Entrambi gli ingressi della pista erano a forma di quadrifoglio e la presentazione è stata caratterizzata da una forte passione ed una voglia di rilancio e rivincita che gli appassionati si aspettano ormai da anni. Da sempre simbolo di sportività e di vittorie nel mondo delle corse, questo portafortuna ha capeggiato sulle livree delle Alfa Romeo più vittoriose dal 1923 ad oggi e come tutte le vicende del ‘900, la nascita di questo simbolo porta con se una storia affascinante e colma di significato e passione per il mondo dell’auto. Louis-Carl Vignon, Head of Alfa Romeo EMEA, racconta la nascita di questa grande simbolo: “Ugo Sivocci era un pilota Alfa Romeo che si era guadagnato il soprannome di “eterno secondo” a causa delle sue sfortune nelle corse. Sivocci sapeva di avere un conto aperto con la fortuna e per questo motivo decise di saldarlo. Alla partenza della Targa Florio del 1923, si fece dipingere sul cofano della sia Alfa il simbolo di un Quadrifoglio Verde su sfondo bianco quadrato e la gara fu davvero incredibile. Ascari era in testa con un grande vantaggio, ma la sua auto si bloccò a poche centinaia di metri dal traguardo. I meccanici raggiunsero a sua auto e riuscirono a farla ripartire. Nell’euforia del momento chiesero un passaggio ad Ascari fino al traguardo, ma questo era contro il regolamento. Allora Ascari girò la vettura e tornò al punto del guasto e ripartì di l per raggiungere nuovamente il traguardo ed evitare la squalifica. In quel preciso istante però arrivò Sivocci, che lo superò di slancio e vinse la corsa. Fu un trionfo, con tre Alfa Romeo nei primi quattro posti. Il poverò Sivocci però pagò cara la sua sfida alla fortuna, perché pochì mesi dopo morì durante le prove del Gran Premio di Monza e, ironia della sorte, la vettura con cui uscì di strada non aveva il quadrifoglio sul cofano.Dopo questo episodio, i compagni di squadra decisero di adottare il simbolo del quadrifoglio verde per ricordarlo, ma lo sfondo diventò un triangolo invece che il quadrato originario. Questo perché nella vettura con cui perse la vita, un lato della figura del quadrato era venuta a mancare. Così nacque la leggenda del Quadrifoglio Verde”.   LE QUADRIFOGLIO VERDE DAL 1923 AD OGGI La vittoria alla Targa Florio del...

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Le auto che hanno fatto la storia: Jaguar XK120
Jun02

Le auto che hanno fatto la storia: Jaguar XK120

Londra, 1948. La guerra è appena finita e la città cerca di ritornare alla normalità dopo la devastazione bellica. Le Olimpiadi, tenutesi allo stadio di Wembley, hanno visto il trionfo di “Fanny” Blankers-Koen, la “Mamma volante”, vincitrice di 4 medaglie d’oro nell’atletica. Se Londra cerca di tornare alla normalità, anche la Jaguar cerca di fare altrettanto. Non sappiamo se è proprio all’atleta olandese che la Jaguar si è ispirata, ma di certo non è un caso che la casa decise di rilanciare il proprio marchio producendo una vettura che per un periodo sarebbe diventata l’auto più veloce al mondo, la Jaguar XK120. Presentata al salone dell’automobile di Londra in versione roadster come prototipo sperimentale, il nuovo modello della casa inglese riscosse unanimi consensi dalla critica tanto che il patron di Jaguar, Williams Lyons, decise di produrla per il grande pubblico. Nacque così la Jaguar XK120, prodotta in dodicimila esemplari fino al 1954 e in grado di competere nelle maggiori competizioni internazionali comela 24 Ore di Le Mans, la Targa Florio, la Mille Miglia e la NASCAR.     L’animo della Jaguar XK120, inizialmente prodotta in soli 242 esemplari nella sola variante roadster a due posti (nota anche come OTS: Open Two Seater), riprendeva il carattere sportivo della Jaguar SS100, automobile prodotta fino al 1940. Era una macchina decapottabile dotata di un motore XK6 che poteva portare la vettura ad una velocità massima di 120 mph (193 km/h), ma senza parabrezza anteriore poteva raggiungere addirittura una velocità superiore, toccando il massimo per quell’epoca. Il modello roadster aveva una carrozzeria in alluminio, con telaio a longheroni e traverse in legno di frassino che riprendeva quella della berlina Mark V. Da questo modello, la Jaguar XK120 ereditò pure le sospensioni anteriori a ruote indipendenti con quadrilateri deformabili, mentre quelle posteriori avevano l’assale rigido con balestre semiellittica a foglia. Dal 1950 iniziò la produzione in serie ma, per cercare di contenere i costi, Jaguar decise di passare alla produzione della carrozzeria in acciaio, tenendo solamente portiere e cofano anteriore e posteriore in alluminio. Il cuore pulsante dell’auto rimaneva il motore da 6 cilindri in linea bialbero da 3,4 litri che erogava 160 CV di potenza ed era all’avanguardia per l’epoca. Particolari non sempre apprezzabili ma ricercati, erano lo sterzo a circolazione di sfere con piantone a regolazione telescopica, le finiture di pregio tipiche del marchio come il cruscotto in radica e gli interni curatissimi ed i freni a tamburo Alfin con alette in alluminio su tutte e quattro le ruote. Questi freni però, in caso di eccessiva usura (soprattutto in pista), perdevano temporaneamente efficacia e di conseguenza non fornivano buone prestazioni.     A partire dal 1951 furono prodotti altri...

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Le auto che hanno fatto la storia: Ferrari 250 GT “Tour de France”
May25

Le auto che hanno fatto la storia: Ferrari 250 GT “Tour de France”

Il Tour de France era una corsa di cinque giorni su un percorso di 5383 km nelle strade francesi, la cui prima edizione risale al 1899. Questa competizione vedeva fronteggiarsi i migliori piloti alla guida delle migliori vetture e metteva a dura prova sia la resistenza che la versatilità dei veicoli, in un percorso faticoso che a volte meno del 30% dei partecipanti riusciva a completare. Quando la Ferrari 250 GT guidata da Alfonso de Portago/Edmont Nelson vinse il Tour de France nel 1956, gli appassionati decisero di caratterizzare il nome della vettura del cavallino rampante con il nome di Ferrari 250 GT “Tour de France” e fu così che l’appellativo “Tour de France” finì per identificare le Ferrari berlinetta prodotte dal 1956 al 1959, in 45 esemplari e cinque serie. Il prototipo di quello che sarebbe diventato uno dei pilastri del fascino Ferrari era stato prodotto nel 1954: una serie di meravigliose coupé da competizione con la carrozzeria realizzata su misura da Pininfarina. Ma rispetto a questa precedente Ferrari 250, la “Tour de France” del 1956 aveva un telaio tubolare più forte, con sospensioni e bracci trasversali, molle elicoidali e ammortizzatori al posto delle classiche balestre ellittiche. Anche il motore aveva subito modifiche, a causa delle restrizioni imposte dopo il grave incidente del 1955 a Le Mans. Nel tentativo di ridurre gli incidenti ad alta velocità, infatti, venne deciso che il motore dei veicoli da corsa poteva essere massimo da tre litri, ma nonostante questo, il motore V12 della Ferrari 250 GT Berlinetta disegnato da Gioacchino Colombo, il più piccolo dei due costruiti dalla Ferrari, era comunque in grado di supportare 240 CV e 7000 giri/min e raggiungere una velocità massima di 240 km/h a seconda dei rapporti. Grazie alle dimensioni ridotte del motore, che aveva un singolo albero a camme in testa per bancata di cilindri, il telaio tubolare poteva avere un passo di 2600 mm. Un’altra sigla non ufficiale, infatti, con la quale la Ferrari 250 GT è conosciuta tra gli appassionati è LWB (Long Wheel Base), introdotta quando un telaio più corto, di 2400 mm, sostituì il classico Tipo 508 nel 1959, dando vita ai modelli SWB (Short Wheel Base).     Il propulsore della Ferrari “Tour de France” originale era abbinato ad un cambio a quattro marce completamente sincronizzato, che poteva presentare una leva di comando o centrale o decentrata. Sulle versioni a partire dal 1958 venne, invece, installato un cambio migliorato, provvisto di comando centrale. Il moto è trasmesso da un albero al ponte rigido posteriore, disponibile con diversi rapporti. La vettura condivideva con le 250 GT “Boano” e “Ellena” le parti meccaniche come sospensioni, freni...

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Le auto che hanno fatto la storia: Hotchkiss Anjou 13.50
Mar04

Le auto che hanno fatto la storia: Hotchkiss Anjou 13.50

Dopo il primo articolo dedicato alle auto storiche con l’Alfa Romeo 8C 2300, continua la collaborazione con il Registro Italiano Veicoli Storici. Il secondo appuntamento è dedicato alla Hotchkiss Anjou 13.50, vettura della casa francese Hotchkiss. Hotchkiss è un cognome molto famoso nel mondo della produzione di armi e Benjamin Berkeley Hotchkiss, americano del Connecticut scappato in Francia all’indomani della fine della guerra civile americana, fondò in Europa una fabbrica d’armi specializzata nella produzione di cannoni e pezzi d’artiglieria in genere. Solo successivamente, all’inizio del XX° secolo, Hotchkiss iniziò ad esplorare anche il campo delle armi semiautomatiche e, infine, quello dell’automobilismo. Nel 1903 venne prodotta la prima vettura che debuttò al Salone di Parigi con un modello da 18 cavalli. Poi arrivò la 20 HP con un motore da 4 cilindri biblocco da 18,9 litri. Ma il fiore all’occhiello della Hotchkiss restava sempre la produzione di armi che tra la prima e la seconda guerra mondiale riscosse notevole successo, fino a quando non venne schiacciata dai cingoli dei panzer tedeschi. Solo poco prima della seconda guerra mondiale, dalle parti di Saint Denis, sede della Hotchkiss, si cominciò a pensare al potenziamento del settore dell’automobilismo, fino a quel momento poco esplorato. Nel 1937 vide la luce la Almicar Compound disegnata da Jean Albert Grégoire, pioniere francese della trazione anteriore. Il modello, prodotto in quasi 700 esemplari, non ebbe però il successo sperato. L’invasione militare tedesca portò poi la fabbrica all’inattività, spegnendo così anche la produzione automobilistica e militare.      Solo con il ritorno della pace la Hotchkiss tornò all’attività e i vertici pensarono di rilanciare il marchio puntando soprattutto sul settore automobilistico, ma la svolta arrivò veramente solo nel 1950, quando nel capitale della società entrò la Peugeot, marchio anch’esso derivato da un tipo di produzione distante dal campo automolistico (la prima “fabbrica” Peugeot risale al 1.770 come fonderia e laminatoio), che presentò al Salone di Parigi dello stesso anno la Anjou 13.50, progettata dallo stesso Grégoire. La Anjou 13.50 era una macchina molto lussuosa e imponente, con i suoi 4.82 metri. Grégoire aveva deciso di puntare sull’aerodinamica della carrozzeria, con un telaio separato a longheroni e traversoni in acciaio e un corpo in lega leggera, equipaggiata con un motore a 4 cilindri in linea da 2300 litri da 72 CV a 4000 giri al minuto, capace di farle raggiungere i 130 km orari, velocità di tutto rispetto per l’epoca. Le sospensioni a flessibilità variabile  garantivano, inoltre, un ottima tenuta di strada e maggior sicurezza. Qualcuno si potrà chiedere il perché dei numeri 13 e 50: il numero 13 rappresentava il numero dei cavalli fiscali della Hotchkiss, mentre il 50 è l’anno di presentazione del modello...

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